Grazie all’intensa attività di networking delle consulenti, prosegue la rubrica delle interviste! Una capacità, quella di fare rete, che stiamo osservando essere fondamentale per chi si auto-genera lavoro. Nella mattina di un’ottobrata romana, Sara Magliocca conosce ed intervista Monica Lasaponara, Escape Coach e Communication Consultant.

Il suo racconto frizzante, veloce e passionale mi sveglia molto meglio del caffè che sorseggio.

Bevetela in un sorso!

Che lavoro facevi e cosa ti ha portato al cambiamento?

“Sono stata una delle prime laureate in Italia in Scienze della Comunicazione d’Impresa e ho avuto la fortuna di affacciarmi al mercato del lavoro alla fine degli anni ’90, quando le aziende cominciavano a capire l’importanza del marketing nelle loro organizzazioni. Ho lavorato per quasi 15 anni per le principali aziende multinazionali nel settore televisivo, fino a diventare dirigente ancor prima dei 40 anni. Pur facendo un lavoro indubbiamente bello, mi sono sempre chiesta se davvero quello che facevo avesse un senso.

Sono sempre stata attratta infatti da chi aveva fatto della propria carriera un’estensione del proprio essere, qualcosa che potesse arrivare ad esprimere urgenze e bisogni legati al fatto che ognuno di noi abbia, per sua natura, uno stile di vita ideale unico e irripetibile. Al tempo stesso, mi incuriosivano molto le esperienze di lavoro alternative alle classiche otto ore in ufficio: lo smart working, i nomadi digitali.

Ho passato anni a fare ricerche in tal senso, cercando di capire se chi poteva permettersi di lavorare al di fuori di contesti aziendali classici fosse solo, banalmente, ricco di famiglia.

Quello che mi bloccava infatti dal provare io stessa a cambiare era infatti il mio senso del dovere: avevamo fatto sacrifici, io e la mia famiglia, per garantirmi gli studi, ed ero fortunata – mi bastava guardarmi intorno o leggere i giornali – ad avere avuto il mio primo contratto a tempo indeterminato subito dopo la laurea. Mi sentivo un’ingrata, insomma.

Poi mi sono imbattuta per caso nel progetto di due ragazzi inglesi, Escape the City, che dopo aver fatto anche loro il classico percorso laurea-master-azienda, si stavano chiedendo come me se esistesse una via diversa a questo, un modo per far sì che si potesse fare un lavoro più nelle proprie corde, dando voce a quella “mancanza di senso” che attanagliava anche me.

Ho lasciato il lavoro quattro anni fa, quando l’azienda in cui lavoravo è stata acquisita da un colosso mondiale e mi ha proposto di trasferirmi in un’altra città, dove mi aspettavano “nuove sfide e una posizione di prestigio”, perché in quello stesso periodo un difficile momento personale mi aveva messo di fronte alla necessità di mettere al centro me stessa e non lasciar scegliere ad altri dove dovevo vivere e cosa potesse rendermi felice.”

MonicaLasaponara

Che cosa significa per te autonomia?

“In prima battuta, sentendo ingenuamente come esigenza primaria la ricerca di una maggiore libertà, ho pensato di fare la cosa più semplice: ossia il mio lavoro come consulente. Niente orari fissi, nessun badge, nessun ufficio in cui mi si obbligava a stare per un numero imprecisato di ore.

Ho sbagliato, perché avevo cambiato “posto” sì, ma non quello che producevo.

Autonomia per me non voleva dire infatti poter lavorare da casa, l’ho scoperto allora, ma sapere che quello che facevo partiva da radici più profonde che rappresentavano ciò di cui ero fatta. Qualcosa di cui, semplicemente, mi importasse.

Così ho iniziato un lungo percorso su me stessa. Niente di spirituale, anzi. Ho visto cosa sapevo fare e ho visto cosa di questo mi piaceva davvero fare. E l’ho poi abbinato alle mie “urgenze”, a ciò che più mi accendeva: le storie di cambiamento, il pensiero divergente, la condizione delle donne nel mio paese.

Da lì, dal mettermi in gioco chiedendo a quei due ragazzi inglesi di poter organizzare come volontaria gli eventi Escape Monday anche in Italia e quindi raccogliere storie di persone che avevano cambiato la loro vita lavorativa nonostante l’affitto, il mutuo, i figli e tutto il resto, e dall’essermi iscritta a un corso per diventare operatrice di un centro antiviolenza ed aver fatto anche lì un lungo periodo di volontariato, sono nati i miei nuovi lavori e la mia nuova vita.

Ho dato spazio alla mia esigenza di libertà andando a lavorare, prima con un baratto (le mie competenze di marketing in cambio di una postazione) e poi come socia, in uno spazio di co-working, dedicato all’innovazione sociale, Impact Hub Roma, che è diventata la mia seconda casa.

Ho dato voce alla mia voglia di supportare gli altri nei loro desideri di cambiamento lavorativo per far sì che non dovessero perdersi come me nei sensi di colpa e nell’indecisione, diventando Escape Coach e mettendo a frutto la mia esperienza di vita, unita a quella di marketing, per dare la possibilità anche ad altre persone di crearsi un lavoro che permettesse loro di sentirsi più a proprio agio con se stessi.

Sono riuscita a trasformare la mia frustrazione verso la piaga della violenza di genere diventando socia di  Differenza Donna e lavorando a stretto contatto con le vittime nei loro centri antiviolenza.

Insomma ho dato un significato concreto, anzi più di uno, a quel senso che mi mancava. E soprattutto, sento che non è finita e che non lo sarà mai.”

 

In quale cultura del lavoro credi?

“Credo che oggi la cultura del lavoro sia completamente cambiata, che andiamo verso una società che, grazie soprattutto alle innovazioni tecnologiche, ci darà la possibilità di sostituire un solo stipendio con tante forme di guadagno che possono rappresentare le tessere di un puzzle unico, come unico è ognuno di noi.

La vera sfida è non vedere in questo un fallimento – lo spettro del precariato che ha sempre attanagliato il nostro paese – quanto piuttosto la possibilità di far sì che sia il lavoro ad adattarsi alle nostre scelte, allo stile di vita che vorremmo e alle esigenze che le diverse fasi della vita portano con sé, e non viceversa.”

 

Cosa offri oggi?

“Riguardo al mio lavoro di Escape Coach, mi piace dire che “offro possibilità”. Se non altro quella di provarci, di misurarsi con se stessi, e capire se siamo fatti o meno per questo paradigma diverso di lavoro. Non tutti possono o vogliono, e in questo non c’è sconfitta.

Chi lavora con me usa spesso la parola “illuminante” per descrivermi. Questa credo sia la mia missione: mettere in luce quello che siamo veramente, vedere come si abbina a qualcosa che abbia un senso per noi e magari per il mondo, provare a realizzarlo secondo le tecniche del design thinking, ossia come se la nostra vita fosse un progetto da prototipare, testare e ripensare continuamente.”

Riesci a guadagnare oggi con la tua “impresa”? Quali sviluppi ti stai dando?

“Oggi guadagno molto meno che in passato ed ho iniziato da tempo, in maniera assolutamente naturale, un percorso di decrescita materiale. Trovare il senso della mia vita lavorativa ha rimesso su un piano diverso tanti aspetti più in generale della mia esistenza: ciò di cui ho bisogno oggi è una minima frazione di quello che mi sembrava indispensabile ieri. Perché riempio i miei vuoti con la sostanza di ciò che faccio, e questo non ha più niente a che fare con lo shopping o gli sprechi.

Nel mio futuro vedo la certezza che non potrò più fermarmi, che la strada davanti a me sarà sicuramente diversa ogni qual volta ne sentirò l’esigenza. Ho concluso da poco un percorso di formazione che mi ha portato a diventare la prima coach italiana del metodo True Purpose, perché mi sono accorta, sempre partendo da me, che prima delle scelte lavorative molte persone sentono di voler capire il fine ultimo della loro vita e cosa possono fare per cambiare il mondo. Nell’immediato sogno di portare la mia esperienza e il mio metodo di cambiamento alle giovani generazioni, affinché possano vedere che non esiste più un solo percorso prestabilito, ma mille opportunità su cui misurare se stessi. E di portare questa cultura anche nelle aziende, affinché valorizzino le risorse umane non in base a ruoli precostituiti, ma alla meravigliosa unicità di ogni essere umano.”

Se vuoi ispirarti oppure lavorare alla tua fuga dall’ufficio contatta Monica www.monicalasaponara.it

 

EscapeOK

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