Come si diventa interprete della Lingua dei segni in Italia?

Ci sarà un bel corso di laurea – penso io – ormai ci sono corsi di laurea anche per cambiare i toner delle fotocopiatrici…

Ispirata da un articolo, parto alla ricerca di approfondimenti nel mare magnum di Google.

Risultato: dopo aver frequentato tutti e quattro i percorsi  della lingua dei segni (dal I al IV livello, difficoltà crescente), posso iscrivermi al percorso biennale per diventare interprete, previa selezione, e superando un esame tra il primo ed il secondo anno.

E poi?

E poi sono un professionista NON riconosciuto a livello nazionale.

Già, perché a livello normativo l’interpretariato LIS non è ancora riconosciuto come professione, l’Italia è l’unica nazione europea a non aver prodotto una normativa specifica per dichiarare la LIS una lingua.

In un Paese in cui ormai anche l’aria che respiriamo deve essere certificata, è ridicolo che una professione come questa non abbia un corrispettivo percorso accademico che permetta a chi lo segue di acquisire competenze spendibili a livello nazionale ed internazionale.

Forse perché il pensiero comune (pessimo) è che non sia a tutti gli effetti una professione, ma una attività extracurriculare da fare saltuariamente e a titolo gratuito (leggi volontariato).

Ma perché vive ancora in noi l’idea che ciò che riguarda le diversità sia da trattare in maniera differente?

Meditate gente…meditate…e fateci sapere che ne pensate!

 

Ecco l’articolo ispirante 🙂

https://www.informazionesenzafiltro.it/lis-la-lingua-muta-e-donna/

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