Il termine inglese leadership viene trattato per la prima volta come concetto psicologico dallo psicologo ed etnologo Le Bon a metà ‘800 come “suggestione” che i “capi” esercitavano sulle folle. Da questo momento l’interesse per lo studio della leadership, concentrato principalmente sulla gerarchia militare e politica, si è poi esteso anche ad altri ambiti, come quello educativo, sportivo e aziendale.

Chi è il leader?

Al giorno d’oggi non esiste ancora una definizione e classificazione univoca dei diversi tipi di leader.

Possiamo definire il leader colui che si percepisce e viene percepito come qualcosa di più rispetto alla media.

I leader hanno la capacità di riconoscere i bisogni e definire piani d’azione per arrivare agli obiettivi prefissati migliorando una data situazione. Possono quindi articolare chiaramente i problemi, e portare i propri collaboratori a gestirli in maniera efficace. Hanno quindi la visione di come vogliono guardare il futuro e delle misure che bisogna adottare al fine di realizzarla.

I leader, inoltre, sono in grado di comprendere e gestire la propria emotività, di capire la visione del mondo dell’altro e le sue emozioni. L’empatia, cognitiva ed emotiva, è infatti una caratteristica fondamentale per il buon funzionamento di un gruppo di lavoro, essenziale per creare relazioni efficienti e funzionali e per motivare e ispirare il proprio e per delegare il lavoro ai membri del team qualificati.

Un leader efficace da riconoscimenti ai membri del team per un lavoro ben fatto, indipendentemente dal fatto che il team è stato in grado di raggiungere completamente gli obiettivi prefissati, oppure no.

Leadership

Ma leader si nasce o si diventa?

Le caratteristiche del leader sono principalmente innate. Diversi studi hanno delineato una serie di tratti, come comportamenti, capacità fisiche, i rapporti di potere, o elementi di una data situazione, che contribuiscono alla capacità di un individuo di influenzare dei seguaci nella realizzazione degli obiettivi. Questi tratti sono associati principalmente a caratteristiche della propria personalità. Tuttavia, ci sono anche diverse competenze che distinguono i leader e che quindi possono essere frutto dell’esperienza e dell’apprendimento e che quindi possono essere sviluppate: capacità cognitive, sociali e di problem-solving che consentono di affrontare e risolvere i problemi prima ancora che appaiano.

Si tratta, dunque, di alcune caratteristiche innate altre apprese, ma l’ingrediente essenziale è saperle unire convogliandole.

Quanti tipi di leader esistono?

Oggigiorno esistono diverse classificazioni che propogono diversi stili di leadership.

Una che troviamo interessante è quella di Daniel Goleman, scrittore, psicologo e giornalista statunitense, autore del best-seller “Intelligenza emotiva” del 1995.

Goleman propone 6 principali stili di leadership:

il Leader visionario: condivide con i dipendenti la Mission e la Vision, l’Obiettivo Finale, e crea in azienda un clima particolarmente positivo. Questo stile aiuta e sprona il team quando l’azienda attraversa un momento di cambiamento.

il Leader coach: crea una connessione fra la Mission aziendale e i bisogni e valori del singolo lavoratore. Questo stile valorizza lo staff e rinforza le prestazioni eccellenti, in termine di quantità e qualità dei comportamenti.

il Leader democratico: valorizza ogni dipendente, ne cerca l’appoggio o il consiglio prima di prendere decisioni, e crea un ambiente partecipativo, che responsabilizza e valorizza ogni singolo membro del team. Questo stile è utile al clima lavorativo, aumenta la produttività, e permette al Leader di ottenere buoni feedback. “Mentore saggio”.

il Leader sociale: il suo obiettivo è creare armonia nel team e nei rapporti. La relazione è al centro. Questo approccio è utile a creare un team coeso e compatto.

il Leader battistrada: è un precursore, colui che traina il gruppo ed è focalizzato all’obbiettivo. Il leader può essere visto come “inarrivabile”, eccessivamente determinato e poco empatico. Se questo approccio è estremo nel leader, incute ansia nei dipendenti. Questo stile è ottimo se ci si affaccia su nuovi mercati, ma se costante, mina l’essenza del team working.

il Leader autoritario: è persona che preferisce farsi rispettare che farsi ammirare dallo staff. Impone la Vision, in modo esplicito o implicito crea sensibili asimmetrie nelle relazioni, non accetta repliche. Motiva il personale in modo coercitivo (“non accetto fallimenti, altrimenti…”), crea un clima aziendale teso nel quale i singoli difficilmente si prendono responsabilità, per paura di deludere il leader. Il leader viene seguito per evitare eventuali punizioni. Fintanto che è presente (nella stanza, in azienda), il team esegue ogni regola da lei/lui imposta, ma in sua assenza questo non è garantito, e anzi è fonte di forte critica: l’eccesivo uso di rigide regole, ottiene l’effetto contrario, e crea nel team un malcelato “desiderio di evasione e trasgressione”. Questo stile è consigliato solo in casi di emergenza e crisi finanziaria.

Goleman sostiene che un buon leader deve essere in grado di adottare ognuno di questi stili e applicarli in modo elastico, mai rigido e unimodale, cercando di limitare, in termini di tempo e uso, gli stili “battistrada” e “autoritario” alla gestione dei collaboratori “laissez faire” (ovvero che rimandano impegni e responsabilità), perché altrimenti davvero poco efficaci.

Un buon Leader è quello che viene seguito dal team, in modo spontaneo, armonico, sincero.

E voi che tipo di “capo” siete / avete?

 

 

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