Quando parliamo di motivazione generalmente intendiamo ciò che spinge l’essere umano a perseguire determinati scopi: è il perché delle azioni, il fine che spinge l’uomo ad impegnarsi per soddisfare i propri bisogni e per raggiungere i propri obiettivi. 

Più difficile diventa spiegare in poche parole il concetto di Motivazione al lavoro.

Per parecchi decenni gli studiosi si sono impegnati a trovare una o più teorie che potessero definire che cosa spinge una persona a trovare un’occupazione.

A inizio ‘900 Taylor riteneva che la motivazione dei lavoratori fosse dovuta prevalentemente dal loro interesse per il denaro. Più avanti, agli inizi degli anni ’30 Unbrock (1934) scoprì l’esistenza di una importante differenza negli atteggiamenti delle persone in relazione al livello gerarchico ricoperto all’interno dell’organizzazione e Hoppock (1935), a seguito delle sue ricerche, concluse che sia i fattori sociali (il tipo di supervisione e le relazioni con gli altri lavoratori) sia la natura intrinseca del lavoro, oltre che alcuni fattori estrinseci (orario e retribuzione) contribuiscono a determinare la soddisfazione lavorativa.

La teoria “motivazione-igiene” di Herzberg (1959) prende come riferimento la “Gerarchia dei Bisogni” di Maslow (1954) ed è sicuramente quella che ha trovato maggiore applicazione in ambito organizzativo.

Dalle sue ricerche emerge che vi sono due tipi di fattori che incidono sulla soddisfazione e sull’insoddisfazione lavorativa: i fattori igienici e i fattori motivanti.

I fattori igienici si collegano al contesto ambientale del lavoro e alla sua retribuzione. Esempi di essi potrebbero essere lo stipendio, le relazioni interpersonali con pari e superiori, l’ambiente fisico di lavoro, le condizioni di sicurezza, le procedure di impresa. Per l’autore questi fattori non sono direttamente motivanti, ma se non sono presenti inducono una certa insoddisfazione.

Per poter ottenere però una motivazione durevole nei confronti del proprio lavoro è opportuno che siano presenti i cosiddetti fattori motivanti, relativi al soddisfacimento di bisogni di livello superiore, ossia il raggiungimento di risultati significativi, il riconoscimento dei risultati raggiunti, il livello di responsabilità, le possibilità di avanzamento professionale.

 

Felicita a lavoro

 

Per ottenere una soddisfazione positiva sarebbe opportuno che si agisca non sui fattori igienici, ma sui fattori motivanti e quindi relativi al contenuto del proprio lavoro.

Secondo Avallone (1997), diverse possono essere le cause dell’ insoddisfazione lavorativa e quindi della scarsa motivazione:

-contenuto del lavoro, natura del compito, modalità di svolgimento e all’ambiente fisico in cui esso si svolge

-ambiente sociale nel quale il lavoratore opera e alla dinamica dei ruoli organizzativi

-differenze individuali tra i dipendenti.

Le cause possono ricondursi fondamentalmente alle quattro categorie seguenti: problemi di equilibrio psico-fisico; assenteismo e turnover; sentimento di appartenenza all’organizzazione; abbassamento della performance.

Questa teoria risulta quindi essere al giorno d’oggi molto attuale: le organizzazioni investono in innovazione, in tecnologia, in risorse strumentali, ma dimenticano di investire nelle persone che le fanno funzionare.

Quello che molti autori contemporanei suggeriscono oggi alle diverse realtà aziendali per stimolare la giusta motivazione professionale dei lavoratori è di adoperarsi , non solo a garantire un ambiente che tuteli la sicurezza fisica e un giusto stipendio, ma anche e soprattutto:

1. Continuo aggiornamento legato ai contenuti dei lavori di ciascuno
2. Allargamento dell’area di responsabilità individuale
3. Aumento delle capacità di assumersi i rischi delle proprie mansioni;
4. Creazione di un clima volto a conseguire una reale crescita psicologica al di là dei legami con i colleghi e con l’organizzazione. (Tancredi, 2008)

Diventa quindi importante fare manutenzione al lavoratore: chiedergli come sta, se c’è qualcosa che non funziona, come può migliorare la sua performance.

E nella vostra azienda, come funziona?

 

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