Avere a che fare quotidianamente con chi ha perso il lavoro, ci insegna che non sempre -e non per forza- si tratta di un’esperienza negativa.

È vero: senza lavoro ci si sente inefficaci, incapaci di portare avanti i propri obiettivi e di guidare la propria vita.
È altrettanto vero, però, che restare senza lavoro può essere un’opportunità unica per investigare su di noi, sulle nostre motivazioni e sul valore che attribuiamo a ciò che ci circonda.

Belle parole, facile dirlo con un’entrata a fine mese e l’agenda densa di appuntamenti.

Ecco qui il racconto di chi, avendo perso il lavoro, ha avuto modo di fermarsi e riflettere https://goo.gl/kkpxRT

life work

Proviamo per un attimo ad astrarci dall’equazione lavoro = reddito e a considerare invece l’assunto no lavoro = più tempo.

D’altro canto, il nostro stato, in misura più o meno importante a seconda delle diverse situazioni, giusto o sbagliato che sia, interviene con sussidi economici atti a tamponare l’emergenza economica.

Il tempo, invece, è un bene prezioso di cui sempre più si sente la mancanza ma di cui, quando se ne dispone, non si percepisce la reale ricchezza e potenzialità.

Se investito in modo intelligente, il tempo può riservare grandi sorprese: la vita può ritornare ad avere un ritmo più umano, la sveglia –almeno per qualche mese- può smettere di suonare, i rapporti possono essere coltivati in modo sano ed attento e ci si può dedicare a ciò che si ama fare di più, qualsiasi cosa sia.

Quindi, appurato che non si vive di aria e che il lavoro è necessario al sostentamento, la vera sfida della modernità liquida in cui ogni cosa è in evoluzione, friabile e mutevole, è proprio abituarsi a “stare in piedi” a prescindere dal proprio stato occupazionale e beneficiare degli intervalli tra un’esperienza professionale e l’altra per dedicarsi ad approfondire conoscenze, interessi e passioni.

 

 

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